Short stories I biscotti di Bice - Una favola per Natale - inedito

Il profumo di cannella si sparse velocemente nella stanza, quando Bice apri il forno per controllare la cottura dei biscotti. Ogni anno, la settimana che precedeva il Natale, Bice si chiudeva in cucina a impastare. I biscotti alla cannella erano un must, con biscottini alle mandorle, quelli al pan di zenzero, i brutti ma buoni con meringhe e nocciole. Non potevano mancare poi quelli ricoperti di cioccolato fondente e i befanini, aromatizzati al rum. 
Da che aveva memoria non aveva mai saltato un Natale, così pure sua madre e prima ancora sua nonna; era diventata una tradizione di famiglia che proseguiva da generazioni. I biscotti venivano portati in parrocchia la notte del 24 dicembre e tutte le persone dopo la santa messa, potevano farne una scorpacciata. 
Bice era una donna di mezza età, solare e positiva, sempre indaffarata in qualcosa: badava ai suoi animali, galline, conigli, caprette nane. I sette gatti randagi, che ormai tanto randagi non erano più e ai suoi tre cani. Usava con maestria la vanga per lavorare il terreno del suo orto; trapiantava e zappettava poi, intorno le piantine almeno ogni due settimane per avere la soddisfazione di vedere crescere la lattuga, le cicorie, le carote e tanto altro ben di dio. Era insomma, una donna capace e caparbia e la campagna faceva parte del suo essere. In paese era benvoluta da tutti e quando lei passava, un sorriso inevitabilmente sulle bocche nasceva. 
Nel piccolo borgo poco distante, viveva anche Leila scontrosa vecchina sempre vestita di scuro. Leila abitava nell'ultima casa in fondo alla piazza, incastrata tra le rocce dove spruzzi di salsedine arrivavano dal mare costantemente in subbuglio. A Leila non piaceva Bice che la definiva una strega e non aveva mai assaggiato i suoi biscotti, anzi si defilava quando ne avvertiva il profumo. Strappava, appena ne aveva occasione, una manciata di fieno dai carri che transitavano per il borgo pronunciando parole incomprensibili a bassa voce, quasi potesse essere un amuleto contro il malocchio. Usciva a volte dopo il tramonto, furtiva andava nei campi di grano poco distanti e ne raccoglieva un bel po' per poi portarselo a casa, in segno di buon auspicio. 
La gente la considerava stramba, forse un po' troppo superstiziosa, ma non pericolosa. 
Bice e Leila si conoscevano sin da bambine, sin da quando tanti e tanti anni fa, Bice vide Leila piangere nel fienile accovacciata a terra abbracciata al suo cavallo che stava morendo. 
Bice sentendo i suoi singhiozzi disperati entrò piano e le toccò la spalla, Leila si girò di soprassalto e le urlò :"vattene è colpa tua! L'hai ucciso." Bice fece qualche passo indietro interdetta dicendo :-" perché dici così? Io non fatto niente." Ma Leila, con gli occhi iniettati di sangue rispose :-" le carote che ieri hai portato, ricordi? Le tue carote sono maledette e il male  ha colpito il mio cavallo. L'hai fatto apposta, perché tu un cavallo non ce l'hai. Tu e la tua famiglia portate sfortuna, non lo sai!? Non toccarmi. Non ti azzardare ad avvicinarti mai più a me". E fuggì di corsa tra i campi. 
Da quel momento in poi non si parlarono più, continuando a vivere comunque a pochi passi di distanza l'una dall'altra. Bice spesso passava sotto casa di Leila e non poteva fare a meno di sentire la tristezza che l'intero edificio emanava. Un'amarezza sinistra, una nuvola nera, perenne che aleggiava intorno, quasi una presenza ostile, invisibile eppur concreta.
E si rattristava. Sapeva bene Bice cosa ci sarebbe voluto per liberare Leila, doveva escogitare un piano senza dare nell'occhio. Il potere dei suoi biscotti poteva fare miracoli, si perché la ricetta segreta tramandata dalla  nonna conteneva, oltre a uova e farina, un pizzico di fiducia, una buona dose di dolcezza e pazienza, almeno trecento grammi di comprensione, bontà e lealtà, condita con abbondante amore.

Quella notte, l'antivigilia di Natale, preparò la magica pozione; ma anziché utilizzare farina e uova, la mischio' per bene alla terra del suo orto, aggiungendo anche 100 grammi di serenità e 300 di rispetto. Lasciò che lievitasse fino all'alba e poi la carico' in due secchi e con gran fatica partì verso la casa di Leila. Il paesello a quell'ora era deserto, nel silenzio dell'alba e con molta cautela sparse per bene la terra intorno la casa, la bagno' un poco e se ne andò. 
A dire il vero, non era del tutto convinta potesse funzionare, in genere è bene utilizzare la ricetta in biscotti ma, pensò, male di sicuro non avrebbe potuto fare. 
Il 24 dicembre l'intero borgo era in fermento, chi ultimava gli addobbi, chi cucinava succulenti pietanze. I bimbi con le gote arrossate giocavano a palle di neve, tra risa festose aspettando la messa. Qualcuno arrivò di corsa  a bussare alla porta di Bice e disse :  "Bice, guarda là, verso casa di Leila, lo vedi? È un raggio di sole che illumina la casa!  E il mare di sotto s'è acquietato!  E ci son le rose d'inverno sui muri! Che è accaduto stanotte? Ne sai qualcosa?" - Bice sorrise e disse :" È tempo d'andare, quest'anno vedrai, la messa sarà ancora più solenne e i canti arriveranno ad essere uditi lontano. Andiamo, andiamo! Biscotti per tutti più tardi, per bimbi ed anziani e anche per chi pensava di sfuggire. Dall'amore non si sfugge. L'amore vince sempre. "
Leila uscì dalla sua casa e tutto il borgo la guardò avanzare nel suo abito color pastello, il viso illuminato e il sorriso pacato, le davano un'aria eterea, priva di qualsivoglia malignità. 


Fotografia by ©Raffreefly 

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