Parliamo di Haiku

Un haiku (俳句, pronuncia giapponese /haikɯ/ con tono basso su /ha/ e tono alto su /ikɯ/, e opzionalmente con abbassamento tonale alla fine, nella catena parlata; pronuncia italiana /’(h)aiku/ o /(h)ai’ku/) è un componimento poetico di tre versi. 

La metrica: l’haiku è composto da 3 versi per un totale di 17 sillabe, suddivise secondo la struttura 5-7-5. Oggi in realtà non tutti i poeti moderni rispettano questa metrica, che però rimane quella classica e tradizionale. 

L'origine deriva dalla ben più antica forma metrica che è quella del tanka (del quale assume ogni principio compositivo) che è poesia di 5 versi e di 5, 7, 5, 7, 7 sillabe, risalente al IV secolo nella sua forma originale di renga.
Il renga era una poesia a due voci in cui un poeta componeva la prima strofa, haikai, di 17 sillabe in tre versi (5, 7, 5) mentre un secondo poeta doveva completarne il senso con una seconda strofa di 14 in due versi (7, 7).
In questo competere, il primo poeta tendeva a rendere autonoma il più possibile la prima strofa, haikai, per mettere in difficoltà il secondo che ne doveva completare il senso.
Dal renga derivarono, nelle epoche successive, il tanka ed infine l'haikai con il nome mutato in haiku.
Il primo grande autore di haiku fu il poeta Matsuo Basho (1664/1694) che viaggiò in lungo e in largo nel suo paese tenendo un diario di viaggio dove annotava, molte volte in forma di haiku, le proprie esperienze.
È una poesia dai toni semplici che elimina i fronzoli lessicali e le congiunzioni e trae la sua forza dalle suggestioni della natura e le sue stagioni. 
E poiché l’energia vitale è movimento, anche l‘Haiku, seppure nella sua semplicità, dovrà permettere questo movimento di esprimersi, attraverso le sillabe, e di esprimere a sua volta la comunione, l’esigenza dell’uomo di essere tuttuno con la natura.
All’interno di ogni HAIKU in origine, era costante la presenza di un KIGO, ossia una parola o una situazione che fa riferimento a una delle quattro stagioni, ma oggi si scrivono Haiku il cui contenuto può spaziare ovunque.
La tradizionale tecnica adottata consiste nel contrapporre due immagini contrastanti, una che alluda al tempo e/o al luogo, l‘altra relativa ad una fugace e vivida impressione, ed attraverso entrambe giungere ad una sintesi che richiami profondi stati d’animo. Il risultato, pur seguendo dettami precisi e rigorosi, deve dare una sensazione di naturalezza e di realismo, di partecipazione ed al contempo di distaccata leggerezza.
Per comprendere l’essenza implicita negli haiku il lettore deve dimenticare l’intelletto e far ricorso proprio alla sensazione e all’identificazione con le impressioni suggerite. 
Ci sono scrittori moderni, specialmente occidentali, che compongono Haiku con un numero di sillabe maggiore o minore per la tradizione Giapponese non può considerarsi Haiku, mentre per noi occidentali è la metrica 5-7-5 la chiave di volta che dona a questa espressione Poetica il nome di Haiku. 
Troverete quindi, nella sezione apposita, alcuni miei Haiku.

Ah un consiglio per chi volesse cimentarsi in questa breve ed intensa Poesia, per facilitare il conteggio delle sillabe, sia normali che con sinalefe, inserite il vostro haiku nel contatore 
Buona emozione!



Riporto qui ciò che Pietro Tartamella afferma, che giudico personalmente molto interessante 


Un Haiku è tanto più bello quanto più è semplice e pulito.
Intendendo per “pulito” anche il fatto di non avere particelle grammaticali al fondo dei singoli versi
(articoli, preposizioni, congiunzioni, …).
L’Haiku è concentrazione.
L’Haiku è un vero e proprio poema racchiuso in 17 sillabe.
L’Haiku è un poema lirico.
L’Haiku è pura concretezza.
L’Haiku è una poesia di “cose”, di “fatti”. È nuda realtà, semplice realtà.
L’Haiku non è un mezzo, ma il fine. Non fa parte del poema, è il poema.
L’Haiku fotografa nella sua semplicità ed essenzialità un particolare realmente vissuto,
visto, osservato, della nostra vita, della natura, di una esperienza.
 Il componimento Haiku deve avere inderogabilmente tre versi (metri).
Il primo verso deve essere composto inderogabilmente da 5 sillabe.
Il secondo verso deve essere composto inderogabilmente da 7 sillabe. 
Il terzo verso deve essere composto inderogabilmente da 5 sillabe.

Valenze didattiche ed educative dell’ Haiku.
62 buoni motivi, in ordine alfabetico,
per insegnare l’Haiku
nelle scuole, ai bambini, agli adolescenti.
1) Arte nell’imperfezione.
È qui che i bambini sono maestri! Le loro piccole imperfezioni linguistiche e grammaticali
producono ribaltamenti semantici di straordinaria bellezza e semplicità, in grado di mostrarci come
l’imperfezione può essere trasformata in arte e come può svelare a volte immagini poetiche potenti.
Avere consapevolezza dell’imperfezione può aiutare i bambini a non desiderare di coltivare
l’immortalità o l’onnipotenza, e a conservare le loro virtù naturali: spontaneità, freschezza,
semplicità, immediatezza.
2) Ascolto.
Allenamento a “vedere” quali “immagini” si formano nella mente ascoltando una sequenza di
“parole” e come si trasforma l’immagine mentale cambiando anche solo un articolo o una virgola o
una preposizione, nel testo.
3) Assenza di giudizio.
Partire con la mente vuota, pronta a cogliere ciò che mi trovo davanti, concretamente o nella
memoria, e andare verso il “centro dell’esperienza” passando in mezzo a tutti i trabocchetti della
mente che tendono a velare la realtà.
4) Bellezza.
Cogliere nella semplicità, nell’imperfezione, nell’immagine dell’Haiku, il senso della bellezza, il
senso dell’arte e provarne piacere. Cogliere nell’autore la bravura con cui ha risolto un problema di
forma, come ha disposto le sue parole all’interno dei tre versi dell’Haiku, apparentemente una
gabbia, ma che invece sollecita una sfida e fa dell’Haiku un gioco serio e importante.
5) Capacità di abbandonarsi.
È lo sforzo di farsi permeare dal ricordo di un evento, dall’osservazione profonda e osmotica della
realtà, cercando di svuotare la mente da ogni pensiero, di cogliere solo quello che osservo e la
relazione reciproca, vigile, per poter percepire il momento in cui potrebbe scattare e farsi strada un
“pre-giudizio”.
6) Collaborazione.
Èntrare in sintonia con la classe e i compagni, riconoscere l’aiuto che gli altri danno. Il valore della
solidarietà. Sentire quando un Haiku è “ben riuscito” e capire che l’Haiku è più importante
dell’autore e che quindi, come un gioco, può essere fatto in gruppo.
7) Compassione.
Nella grande congerie di fatti e di esperienze della nostra vita, l’Haiku ci insegna a “fotografare”
l’attimo significativo che si staglia da un quotidiano diventato immancabilmente routine, dietro cui
si celano una bellezza e una profondità originaria che restano invisibili alla nostra coscienza. L’arte
dell’Haiku ci riporta a questa “presenza”, all’attenzione necessaria che consente di cogliere il
trascorrere del tempo fatto di mille “avvenimenti”, piccoli e grandi.
8) Compiacimento NO.
L’Haiku non gradisce il compiacimento, il crogiolarsi in immagini ricercate, in metafore ardite, in
contorcimenti mentali. L’Haiku è essenza e semplicità. Questa regola è per il bambino una
campanella d’allarme e di riflessione che lo induce ad essere vigile, a controllare e riconoscere
quando il suo narcisismo lo fa cadere nel compiacimento. In questo modo l’Haiku diventa una
scuola di vita che restituisce al bambino, come un’eco, le onde emotive che si muovono in lui.
9) Concisione.
Allenamento a riconoscere il superfluo e l’orpello, a rinunciarvi senza rimpianto, a concentrarsi
sull’attimo che l’Haiku deve fermare. Allenamento ad entrare in profondità nello strumento
“lingua” per capire quando ci sono ripetizioni inutili, ridondanze, cose già dette che innacquano o
banalizzano l’Haiku.
10) Condivisione.
Il lavorare con il contributo dei compagni crea un senso di appartenenza, un senso di comunità che
lavora insieme per raggiungere uno scopo: creare un bell’Haiku. Il piacere, una volta approdati
all’Haiku, viene condiviso da tutti e, in fine, anche con i genitori e i parenti nell’incontro finale.
11) Contemplazione.
Osservando un ricordo o la realtà, permeati da una emozione, ci si allena ad entrare nello
svuotamento mentale, nel non giudizio e quindi a godere di un momento contemplativo; anche
quando si ascoltano gli Haiku degli altri compagni.
12) Dislessia.
L’Haiku, che richiede concentrazione, spiritualità, essenzialità, lentezza, ritualità nella lettura,
procura un rilassamento e una calma che i bambini dislessici scoprono e apprezzano
particolarmente, in quanto “sentono” che la pratica dell’Haiku li allontana dalle tensioni di
prestazione e dalla sensazione di inadeguatezza. Relativamente alla lettura, migliora notevolmente il
loro approccio, e il loro piacere, corroborato da piccole, ma intime soddisfazioni, che rafforzano
l’autostima.
13) Distacco – familiarità e consapevolezza.
Non è facile per i bambini affrontare il distacco. Ma è sorprendente notare come in breve tempo,
guidati dalle regole precise dell’Haiku, distratti e attratti dal desiderio di applicarle, distratti e attratti
dal piacere e dalla sfida del gioco matematico delle sillabe, essi affrontano il distacco con coraggio,
consapevolezza, maturità insospettata. È commovente vedere un bambino che di fronte al ricordo di
una esperienza vissuta con il papà, la mamma, i fratellini, la nonna, dovendo togliere molte parole,
perché tutte non ci stanno nelle 17 sillabe dell’Haiku, si mette a ripercorrere pensieroso la sua
esperienza, cercando di cogliere “che cosa” davvero lo ha emozionato o colpito, cercando di
cogliere “l’attimo” che vorrebbe trasferire nel suo Haiku ... e alla fine “accetta di rinunciare” alla
mamma o al papà o ai fratellini o alla nonna consapevole che se vuole scrivere un Haiku, deve farlo.
14) Eco interiore.
L’intenso ascolto degli Haiku e lo sforzo di vedere gli effetti e la meccanica dei ribaltamenti
semantici, produce stimoli senso-motori e psicolinguistici che fanno sperimentare al bambino la
sensazione di una “eco interiore” che le immagini mentali producono.
15) Essenzialità.
Che è diversa dalla concisione. L’essenzialità riguarda il contenuto e mira a rimuovere dalla mente
le cose che “sembrano importanti”, ma che in realtà “nascondono” il centro di una emozione. 

16) Esplorazione della diversità.
In una classe molte sono le presenze di bambini stranieri. Il racconto che ogni bambino fa ai
compagni della propria esperienza e del proprio ricordo viene socializzato, reso “pubblico”.
Dovendo raccontare un “attimo della propria vita” che in qualche modo li ha colpiti, si assiste ad
una carrellata di “attimi” narrati da ciascun bimbo, anche da quelli stranieri. I bambini scoprono con
sorpresa quante cose hanno in comune con gli altri bambini, pur se hanno lingua, cultura, pelle
diversa. Si rendono conto di come sono spesso simili gli “attimi” che ci hanno colpito. Le storie
vengono poi, con la collaborazione di tutti, trasformate in Haiku, ridotte all’essenziale, cercando di
capire quali sono le parole importanti che bisogna lasciare e quali quelle a cui si può e si deve
rinunciare.
17) Fotografia.
Fabrizio Virgili definisce l’Haiku: «un attimo di vita che si fa verso». Poiché la vita è tempo che
scorre, un “attimo” è qualcosa di questa vita corrente che viene fermato sulla pagina. Equivale ad
uno “scatto”. Uno scatto “fotografico”. Ma non è solo “documentazione”. L’attimo fermato con
l’Haiku, permeato di Sabi o Wabi o Aware o Yughen, diventa poesia, visione universale, diventa
arte. Il bambino che pratica l’Haiku allena il suo sguardo proprio come fa il fotografo che impara a
cogliere nel flusso del tempo e degli eventi quotidiani gli attimi significativi che contengono
bellezza e poesia. Un vero allenamento ad osservare la realtà da punti di vista nuovi.
18) Haiku: che cosa è, che cosa non è.
L’Haiku non è una definizione , non è un insegnamento morale, non è un pensiero filosofico, non è
una immagine astratta, non è un gioco di parole, non è un gioco di rime, non è un aforisma, non è
una massima, non è una sentenza, non è un proverbio, non è un pensiero, non è un’idea. L’Haiku
non si prefigge di “stupire” con metafore bizzarre o ardite. L’Haiku è concentrazione, è un vero e
proprio poema racchiuso in 17 sillabe, è un poema lirico, è pura concretezza, è una poesia di “cose”
di “fatti”, è nuda realtà, semplice realtà, non è un mezzo, ma il fine, non fa parte del poema, è il
poema. L’Haiku fotografa nella sua semplicità ed essenzialità un particolare realmente vissuto,
visto, osservato, della nostra vita, della natura, di una esperienza. Il bambino naviga in mezzo a tutti
questi concetti e si pone domande e si interroga e, nello sforzo di capire e di applicare,
semplicemente lo accompagniamo nella sua crescita.
19) Handicap e disabilità.
I bambini con handicap o con disabilità o dislessici o con deficit comportamentale o di
apprendimento, riuscendo anche loro ad esprimersi con l’Haiku, vengono ripresi in considerazione
dai compagni di classe che riconoscono la loro bravura di poeti e le loro qualità che non avevano
visto prima.
20) Illuminazione – piccola esplosione di luce.
L’illuminazione è una esperienza molto familiare ai bambini che stanno crescendo, perché il mondo
è per loro ancora tutto da scoprire. I loro giorni trascorrono con continue illuminazioni man mano
che comprendono le cose e ne diventano consapevoli e le fanno proprie. Haiku vuol dire “piccola
esplosione di luce”. Grazie alle mille regole dell’Haiku e ai suoi mille paletti, grazie a questa
“gabbia” che è il componimento Haiku con confini molto delimitati (il conteggio delle sillabe, i
fenomeni metrici, i diversi tipi di ribaltamento semantico, il Kigo, il non giudicare, il non
compiacersi, la semplicità, il “qui e ora”, ...) i bambini vivono e sperimentano continue
“illuminazioni”, comprese quelle che derivano dall’aver compreso e decodificato gli Haiku.
22)Interculturalita'
L’Haiku, di origine giapponese, mette in risalto un’altra parte del mondo, un paese orientale diverso
e lontano. I bambini riprendono in considerazione, con un punto di vista nuovo, e con valenza
culturale, l’importanza di qualcos’altro che essi hanno a portata di mano: i compagni di classe che
provengono da altri paesi. Le diverse ricchezze e differeze culturali vengono rivisitate, messe in
risalto, esplicitate, socializzate, condivise.
22) Io e la natura.
L’Haiku richiedendo il Kigo, la stagione, ci allena a restare in osservazione, a cogliere il
cambiamento della natura, il tempo che passa, l’attimo significativo che possiamo fermare e
raccontare e ci tiene all’erta, senza dramma né panico o paura, sulla consapevolezza che la nostra
vita va verso lo spegnimento.
23) Io e l’altro.
Con la pratica dell’Haiku cambia l’atteggiamento mentale. Ci si allena ad osservare gli altri con
occhio nuovo. Insegnando a non giudicare l’Haiku ci fa comprendere la verità parziale posseduta da
ogni essere umano e ci fa comprendere come il “ punto di vista” di ciascuno è davvero una concreta
ricchezza.
24) Internazionalità.
La presenza di etnie diverse all’interno della classe, unita all’informazione che Cascina Macondo
organizza ogni anno un “Concorso Internazionale di Poesia Haiku in Lingua Italiana” a cui
partecipano adulti e bambini di ogni parte del mondo, produce nel bambino una sorta di visione
“globale” dell’interculturalità che mostra il mondo come affratellato, anche se solo intorno ad una
cosa piccola come l’Haiku.
25) Lateralizzazione – coodinazione muscolare-vocale.
Gli esercizi col tamburo e le percussioni, mano destra, mano sinistra, suono alto, suono medio,
suono basso, orlo del tamburo, centro del tamburo, voce, canto ritmico, la ricerca delle parole
sdrucciole contenute nel nostro corpo, l’esplorazione del punto di vista e delle porzioni di “verità”
possedute da ciascun bambino in relazione allo spazio tridimensionale, alla distanza,
all’angolazione, diventano pratica senso-motoria per la lateralizzazione, la coordinazione
muscolare, l’equilibrio.
26) Lettura ad alta voce.
Leggere gli Haiku in modo rituale significa riconoscere che l’Haiku è concentrazione,
contemplazione, silenzio e, nel contempo, significa restituire alla parola il suo valore di sacralità.
Significa ribadire l’importanza dell’ascolto e del punto di vista degli altri esseri umani. La lettura
“Zikan” è una particolare modalità di leggere gli Haiku che riassume i valori suddetti. Ogni Haiku
viene letto tre volte: modalità Sizuka Na (senza rumore-silenzio), modalità Tanzi Suru (esporre le
sillabe), modalità Wabi Sabi (intonazioni vocali che legano il tutto).
27) Lettura – pluralità dei percorsi – assunzione di responsabilità.
Leggendo Haiku di altri autori, compresi quelli scritti dai suoi compagni di classe, il bambino
esplora diverse libertà di lettura, ponendo autonomamente pause, silenzi, intonazioni che nell’Haiku
non sono indicate. La bellezza di un Haiku, e la sua comprensione, richiedono un’assunzione di
responsabilità. Alcuni Haiku sembrano brutti a prima vista: la loro bellezza si svela se si scopre la
modalità e il respiro giusto con cui leggerli.
28) Lingua giapponese.
Citando termini giapponesi, parlando degli “on-ji” (equivalente della sillaba italiana), dell’accento
tonico (che i giapponesi non hanno), si danno informazioni su come può essere la struttura di
un’altra lingua stimolando l’interesse per il linguaggio come strumento di comunicazione.
29) Materie curriculari: geografia – storia – geometria – matematica – musica – scienze –
educazione all’immagine.
Nel percorso Haiku i bambini affrontano in modo inedito i temi delle materie curriculari con stimoli
all’approfondimento e connessioni interdisciplinari.
30) Obiettività.
Praticare l’obiettività non è facile. Anche provare il piacere dell’obiettività è un’arte. La pratica
dell’Haiku può aiutare il bambino a vedere le cose per quello che sono e a riconoscere i momenti in
cui il “mondo fuori di noi” viene cambiato o ricoperto dai veli delle nostre paure, preoccupazioni,
desideri, che finiscono spesso per ingannarci.
31) Osservazione.
L’Haiku che ferma sulla carta “un attimo” che accade “qui e ora” abitua il bambino a guardare il
dettaglio, le cose minute del presente apparentemente insignificanti, e a riconoscerne la bellezza.
32) Percezione del confine – suo riconoscimento – sua accettazione.
Proprio perché l’Haiku ha tante regole esso risulta alla fine una specie di “gabbia”. Il bambino
prova il piacere di restare in quella “gabbia”. Utilizzando tecnicamente il conteggio delle sillabe e le
possibilità della metrica, impara ad esprimersi con poco, mettendo alla prova la sua percezione, la
sua logica, la sua matematica, la sua creatività. “Gabbia” è un termine che usiamo solo perché lo
usano i detrattori dell’Haiku che con esso intendono dire “prigione”, “contenitore” entro cui si
trovano a disagio. Ad essi ci rivolgiamo quando sosteniamo che il termine “gabbia” ha una
connotazione negativa e non è propriamente adatto. Il termine giusto sarebbe “confine” a indicare
che l’Haiku è un “territorio”, un “universo” entro cui ci si può muovere, ma sino a quei confini.
L’idea del “confine” è percepita con molta chiarezza dal bambino che, praticandola, si allena alla
concretezza della realtà, all’accettazione e al rispetto delle regole, al rifiuto della prevaricazione.
33) Percezione – intuizione.
Praticando l’haiku, scriverne e leggerne, la mente si allena a cogliere quel piacere sottile che deriva
dal rimbalzo delle immagini nella nostra mente, da quell’attimo di “vuoto” che si prova prima di
aver “compreso” l’Haiku, da quella sensazione di “indefinito”, di “incompiuto”, di “non
comprensione totale” che alcuni Haiku producono. Tutto questo stimola la percezione, l’intuizione,
l’immaginazione.
34) Permeanza.
Abbandono totale, svuotamento mentale, sorta di illuminazione, assenza di giudizio così totale, da
sentirsi completamente “permeato” dalla cosa che si sta vivendo o osservando tanto da sentirsi un
tuttuno con essa e a volte sentire di essere quella stessa cosa.
35) Pregnanza semantica.
La pratica dell’Haiku sviluppa conoscenza delle parole, dei vuoti, dei silenzi, delle imperfezioni, del
potere evocativo dei suoni, dell’essenzialità. Un Haiku con sole diciassette sillabe è in grado di
riversare nel lettore o nell’ascoltatore moltissimi contenuti (Basho direbbe «un poema intero»). Il
bambino comprende tutta la molteplicità dei contenuti semantici veicolati con i cambiamenti di
tono, di pausa, di ritmo, di silenzio, di sospensione, ... La sua conoscenza dello strumento “lingua” e
dello strumento “voce” si affina ed egli entra, con la pratica e l’allenamento, sempre più in
profondità.
36) Presente.
Il componimento Haiku predilige le cose raccontate al “presente”. Rifuggendo dai modi futuri e
passati, il bambino elabora un atteggiamento mentale che guarda le cose “qui e ora”.
37) Profondità.
Il bambino con molta serietà comprende e “sente” quando un Haiku contiene il Sabi (il grande
silenzio, il distacco), il Wabi (l’inatteso, il risveglio dell’attenzione portato da qualcosa che si
profila alla nostra coscienza all’improvviso), lo Aware (la nostalgia, la transitorietà, il tempo che
passa, la caducità delle cose), lo Yughen (il mistero, l’inafferrabile, la bellezza indecifrabile che
avvolge le cose, anche le più piccole). La pratica dell’Haiku lo conduce in questa profondità che
egli già possiede, lo aiuta ad esplorarla meglio, lo aiuta a conservare questa sua capacità di esplorare
la profondità.
38) Pulizia formale.
È ancora l’esplorazione del “confine”, l’aspetto tecnico e sillabico, la comprensione del “cosa”
rende l’Haiku scorrevole, pulito, essenziale e “cosa” invece lo sporca, lo innacqua, lo inquina, lo
indebolisce, lo svuota di forza e di pregnanza semantica. Ancora conoscenza dello strumento lingua,
delle sue possibilità, dei suoi difetti, dei suoi limiti. Ancora la sfida e il mettersi in gioco per
superare gli ostacoli formali con gli strumenti dell’artigiano.
39) Punto di vista.
L’Haiku richiede uno sforzo. Non è facile scrivere Haiku, non è facile leggerli, non è facile
ascoltarli. Richiede sempre uno sforzo, un’attenzione, una concentrazione, una sincera disponibilità
all’ascolto, un azzeramento dei pre-giudizi. Richiede di disporsi con umiltà all’ascolto profondo di
un punto di vista di un altro essere umano. Un punto di vista molto particolare, trattandosi di “un
attimo” fermato sulla carta.
40) “Qui e ora”.
Capire che l’abbandono, la mente vuota, la contemplazione, il silenzio, l’ascolto profondo ci fanno
essere “qui e ora” aprendoci all’esperienza di sentirsi parte del mondo, goccia dell’universo.
41) Ragionamento analitico – ragionamento sintetico.
Man mano che il bambino, cimentandosi con l’Haiku, conosce le regole metriche della
sillabificazione, nel tentativo di approdare ad un componimento di 17 sillabe (5-7-5) la sua mente
entra in un lavoro di logica-creativa e di logica-matematica che stimola contemporaneamente il
ragionamento analitico, quello che esplora a ritroso verso il passato, e il ragionamento sintetico,
quello che esplora in avanti verso il futuro.
42) Relazione.
In una classe il lavoro di comporre Haiku con l’aiuto e il contributo di tutti i compagni genera
un’atmosfera di solidarietà e di condivisione, amalgama il gruppo, attutisce le “differenze” e fa
scoprire talenti che si pensava di non possedere. La relazione con i compagni si fa più matura.
Leggendo nuovi Haiku si impara ad entrare in relazione con i punti di vista degli autori, si impara
non solo a rispettarli, ma ad ascoltarli, a farne tesoro.
43) Respiro.
Allenarsi a riconoscere i pre-giudizi e ad osservare il mondo per quello che è, aiuta ad entrare in
relazione con il proprio respiro e, in modo più consapevole, con il mistero e la bellezza della vita.
44)Ribaltamento semantico
È la nozione più difficile dell’Haiku, la più difficile da spiegare, la più difficile da attuare. È la
scoperta importante di Matsuo Basho, la caratteristica fondamentale dell’Haiku. Un ribaltamento
semantico, peculiarità psico-linguistica del linguaggio umano, fa accadere qualcosa di “strano”
nella nostra mente, come se smuovesse dei neuroni, come se facesse rimbalzare “qualcosa” nel
cervello. L’Haiku allena la mente dei bambini a questi rimbalzi e la conserva elastica, perché è una
qualità particolare dei bambini produrre ribaltamenti semantici in modo naturale, qualità che
perdono spesso nell’adolescenza già condizionati dalla cultura e dalle sovrastrutture.
45) Ricerca linguistica.
Il lavoro con l’Haiku mette in moto una ricerca linguistica, sintattica, semantica, molto raffinata
svelando al bambino i cambiamenti sottili delle immagini che le parole formano nella nostra mente.
Territorio di indagine affascinante: una virgola (pausa) che cambia il senso della frase, un articolo
determinativo, invece di un articolo indeterminativo, che svuota o amplia il significato, l’aggiunta o
meno di una congiunzione che sposta i significati verso altre interpretazioni, l’uso di un aggettivo,
di un verbo, i sinonimi che si svelano non più sinonimi, perché modificano, anche se di poco,
l’immagine nella mente.
46) Riconoscimento del pre-giudizio.
Nell’Haiku non bisogna giudicare, ma solo osservare ciò che accade. È un’altra caratteristica
dell’Haiku. È difficile resistere alla pulsione del giudicare. Anche per i bambini è difficile. Spesso
giudichiamo senza che ce ne accorgiamo. Analizzando gli Haiku scritti con i bambini possiamo
individuare quelle particelle grammaticali, anche minime, che denunciano un giudizio. Per i
bambini nasce uno stimolo a guardare meglio le parole e a riconoscere quelle che sono portatrici di
giudizio. Essi allora si rendono conto di quando un “pre-giudizio” ha steso un velo sull’oggetto o
sulla esperienza che stiamno osservando e, di conseguenza, non riusciamo a coglierne la sua
autonoma essenza.
47) Rinuncia.
La rinuncia è diversa dal distacco. Il distacco ha maggiori connotazioni emotive ed affettive. La
rinuncia è un allenamento al non possesso, un fine lavoro di cesello. Il bambino impara a scalpellare
il marmo del suo desiderio di conservare tutto, esercitando la rinuncia ogni volta che deve scegliere,
tra le molte parole a disposizione, quelle più funzionali, più semplici, più adatte ad entrare nel suo
Haiku. Lavoro importante che lo libera dalla prigionia delle sovrastrutture mentali e lo allena
all’essenzialità.
48) Ritmo sillabico.
Il gioco delle sillabe e dei ritmi apre la strada al piacere della lingua, all’ascolto del suono delle
parole, riconfermandole strumento magico in bocca agli uomini. Allena la sensibilità musicale e
l’importanza della lingua come strumento di comunicazione.
49) Scorrevolezza.
Il testo dell’Haiku deve essere semplice e scorrevole. Ricercando la semplicità e la scorrevolezza il
bambino comprende i meccanismi del linguaggio che contorcono la mente ed il pensiero, affina
l’ascolto, si allena alla precisione e all’efficacia, alla comprensione degli effetti psicolinguistici e
sonori, alla comprensione della sintassi e della grammatica.
50) Semplicità.
È nella virtù della semplicità, sia concettuale che di pensiero, sia formale, ma anche in senso etico e
morale, che il bambino esprime il suo talento. Essendo la semplicità una caratteristica
fondamentale dell’Haiku il bambino sente il componimento come “adatto a lui” e viene stimolato nel desiderio di cimentarsi e confrontarsi. Praticando l’Haiku forse il bambino conserverà la virtù
della semplicità che negli adulti è raro ritrovare.
51) Senza titolo.
I bambini hanno il pre-concetto che tutte le “opere scritte” (racconti, fiabe, favole, novelle, canzoni,
libri, film, ...) debbano avere un titolo. Quindi anche l’Haiku. Trovarsi di fronte ad un “prodotto
letterario” che non ha titolo, li mette inizialmente in crisi. Quando comprendono che con il titolo
l’Haiku non sarebbe più formato da 17 sillabe, allora superano la sensazione di disagio. Ma
continuando a lavorare con l’Haiku un’altra cosa importante comprendono: il titolo è qualcosa che
“preannuncia” un qualcos’altro che segue. Rinunciare ad avere un “avviso” di ciò che contiene
l’Haiku è un allenamento mentale che li aiuta a capire e ad accettare il fatto che anche le cose della
vita spesso accadono senza nessun preavviso. Li aiuta ad entrare nel “qui e ora”.
52) Socializzazione.
In classe i bambini raccontano le proprie esperienze che desiderano trasformare in Haiku. I racconti
li svelano, mettendo a nudo cose che li accomunano, tristezze e gioie. Il gioco stesso dell’Haiku, la
lettura ad alta voce, il tentativo di cogliere “la verità” della loro emozione, aumentano la
condivisone, la partecipazione, l’ascolto, la collaborazione, la solidarietà, la socializzazione. Le
tensioni derivanti dalle personalità in contrapposizione e dalle dinamiche socio-culturali vanno
quietandosi man mano. La classe progredisce verso un positivo e affettuoso spirito di gruppo.
53) Spiritualità.
Per la sua origine legata allo Zen, per la sua origine giapponese, per la sua origine orientale, per il
suo venire dai luoghi dove nasce il sole, per i suoi stessi contenuti, per il legame con le stagioni, per
le sue regole, per il suo essere piccolo, per la sua essenzialità, l’Haiku apre immancabilmente la
mente alla “spiritualità” che i bambini accarezzano e sanno cogliere e che possiedono già. La
pratica dell’Haiku può aiutarli a conservare la loro comprensione della spiritualità, prima che il
mondo rovinato degli adulti li possa allontanare.
54) Stato d’animo Aware.
Riconoscimento della transitorietà, della caducità delle cose, la consapevolezza che il tempo
trascorre inesorabile, che si vive e che si muore, che siamo puntini nell’universo, può farci meglio
comprendere il valore della comunione, della solidarietà, del percorre insieme ad altri il nostro
cammino verso la fine. È un pre-concetto dell’adulto pensare che queste cose il bambino non possa
capirle. La pratica dell’Haiku affina l’atteggiamento mentale della comprensione di tutte le vite. Il
bambino avrà meno paure e meno angosce perché più profonda e veritiera diventa la sua
conoscenza del mondo.
55) Stato d’animo Sabi.
Riconoscimento del grande silenzio, della solitudine, del distaccoi giapponesi definiscono l’Haiku
“una letteratura delle riunioni” o “la letteratura delle riunioni e dello spirito solitario”. Il lavoro in
classe assomiglia ad una Kessha giapponese, uno di quei circoli dove gli scrittori di Haiku si
confrontano seguiti da un maestro. E i bambini capiscono il valore del silenzio, il valore della
solitudine. E ne hanno meno paura. E quando negli Haiku emergono il Sabi, il Wabi, l’Aware, lo
Yughen, essi comprendono quanto è grande l’universo, quanto piccoli siano gli uomini, quanto
grandi siano i bambini. Un’atmosfera di compassione, di immota nostalgia, di indefinibile
malinconia li avvolge, mentre magari fuori, sui vetri, scivola la pioggia o cade la neve.
56) Stato d’animo Wabi.
Riconoscimento dell’inatteso che risveglia l’attenzioneper il bambino è una esperienza comune.
Egli vive ogni giorno lo stato d’animo Wabi perché per lui il mondo è stracolmo di cose nuove ed ogni momento è una sorpresa e una meraviglia: dal leggere, al calcolo, alle scienze, alla tecnica, agli
insetti, al disegno. Ritrovando lo stato d’animo Wabi codificato nell’Haiku egli riconosce le sue
esperienze come universali e non individuali come avrebbe potuto pensare. Questo
“riconoscimento” lo arricchisce di consapevolezza e di compassione.
57) Stato d’animo Yugen.
È il sentimento del mistero, della bellezza indecifrabile che avvolge le cose, anche le più piccole, è
l’energia del mondo che palpita ovunque, è la meraviglia, lo stupore, lo splendore delle cose, è la
sensazione dell’universale, della magia, della complessità della vita. È un po’ come il “Grande
Spirito”, il “Wakan-Tanka” (“Grande Mistero”) degli Indiani d’America, presente in ogni cosa. Il
bambino è il primo ad avere percezione di questo mistero. L’Haiku lo aiuta a restare in questa
percezione, a non perdere la sua capacità di stupirsi e di riconoscere la bellezza del creato.
58) Storia delle religioni.
Parlando dello Zen e della spiritualità si coglie l’occasione per una breve panoramica sulle religioni
(Indiani d’America, Arabi, Ebrei, Cristiani, ...).
59) Svuotare la mente.
C’è una storiella, di un un uomo occidentale, ansioso di apprendere, che fa un lungo viaggio per
andare a trovare un maestro Zen. Gli chiede di insegnargli tutto sullo Zen perché non vede l’ora di
essere un praticante. Il maestro, che lo ospita nella sua umile casa, gli propone di bere prima una
tazza di tè. L’occidentale resta stupito di fronte alla sua tazza quando vede che il maestro continua a
versargli il tè sino a farlo tracimare sul tavolo in copioso rivolo. «La tua mente è come questa tazza
– gli dice il maestro – come posso insegnarti lo Zen se prima non la svuoti e non fai posto nella tua
mente per accogliere quello che mi chiedi di insegnarti?». È il grande sforzo di abbandonare ogni
pensiero pre-costituito, di non attribuire significati, di non giudicare, di non avere aspettative, lo
sforzo di svuotare la mente. Solo così la mente e la coscienza possono accogliere ciò che accade
intorno a noi nella sua pienezza e nella sua essenza. Solo così riusciremo a “vedere” gli altri e le
cose per quello che realmente sono. L’Haiku insegna questa attitudine al bambino.
60) Tradizione e modernità.
Con l’Haiku il bambino si trova di fronte al concetto di tradizione e modernità. Impara ad accettare,
riconoscere, rispettare la tradizione, lasciando però libero uno spazio mentale per poter creare altra
tradizione incidendo sulle origini, ma riconoscendone i valori importanti che conviene
salvaguardare. Con l’Haiku il bambino si trova sempre ad affrontare il concetto di “responsabilità”.
Egli può comprendere il pensiero profondo di Matsuo Basho (1644 – 1694): «Non seguire le orme
degli antichi, ma quello che essi cercarono.».
61) Umanesimo.
La pratica dell’Haiku mantiene costantemente presente una concezione della vita permeata di
spiritualità e umanesimo, dove l’uomo e la natura mirano ad essere in sintonia con semplicità e
umiltà.
62) Umiltà.
Con la ricerca della semplicità, dell’essenzialità, della profondità, con l’osservazione della natura,
con la disciplina delle regole sillabiche, con lo sforzo di non giudicare, di guardare le cose per
quello che realmente sono, con la ricerca della bellezza che alberga nelle piccole cose, l’Haiku
educa ad una dignitosa umiltà che diventa ricchezza e consapevolezza dell’esistere
Conclusioni.
Molti dunque sono i contenuti e i valori che i bambini incontrano in un percorso Haiku. Spesso
l’adulto pensa che siano valori eccessivi e difficili per i bambini, ma questo solo perché gli adulti
hanno difficoltà a considerare i bambini come nostri possibili veri maestri. I bambini hanno la
sensibilità necessaria per affrontare ciò che la poetica Haiku porta con sé.
L’elenco delle motivazioni è frutto di una analisi che ha voluto esplorare nel dettaglio tutte le
minute implicazioni della poetica Haiku. Nella realtà concreta di una lezione i motivi esposti
entrano in gioco e agiscono in modo complesso, spesso molti di essi in sincronia nello stesso
momento.
Naturalmente il percorso di 12 incontri è condotto con una modalità adatta all’età dei bambini, ed
ogni lezione e informazione è improntata e condotta con le modalità della “Didattica Tassellare”.
Vorrete chiedermi ora che cos’è la “Didattica Tassellare”.
Avete ragione. Ma credo che il mio tempo a disposizione sia scaduto.
Eventualmente ne parleremo in una prossima occasione.
Pietro Tartamella

Chi è Pietro Tartamella 
Appassionato di poesia haiku fin dagli anni ’70 da sempre coltiva la passione per l’essenzialità e l’immediatezza. Promotore del Concorso Internazionale di Poesia Haiku in Lingua Italiana ha stilato il “Manifesto della poesia Haiku in Lingua Italiana” di Cascina Macondo e il “Manifesto della sillabificazione delle parole italiane per la composizione di Haiku”. Ha ideato il Fuci, il Gianuhaiku, l’Ortohaiku, Shashaijin, Wasnahaijin Oicimani, il Corbello, il Misurale, la Poesia Nomognomica. Ha promosso molte iniziative per la diffusione della poetica haiku in Italia. Nelle scuole, ai bambini e agli adolescenti, insegna la composizione di haiku.

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